1/24/2012

Litania per Emilio Villa

sabato 28 gennaio ore 21.30
per la rassegna “Il corpo elettrico della parola – 2

Emilio Villa morto a 88 anni, il 14 gennaio 2003, è il più grande e insieme il più misconosciuto sperimentatore in versi del secondo Novecento italiano ed europeo. Poeta inafferrabile, oracolare, metamorfico, scriveva in cinque o sei lingue, e riusciva a mescolare e sintetizzare la sovversione linguistica ed estetica delle avanguardie con la conoscenza filologica di lingue morte e la sapienza antica di mitologie e dottrine religiose classiche. La sua vasta opera si è dispersa nel corso del tempo in decine e decine pubblicazioni a tiratura limitata e per lo più introvabili, segno di una vocazione alla dépense, allo spreco artistico assoluto, ma anche di una personalità anarchica, insofferente e ribelle verso le forme e le formule codificate del sistema culturale.

La scrittura di Villa risulta affascinante e potente per la capacità, da un lato, di immergersi nella viva materia segnica della lingua, ricavandone tutti i giochi verbali, fonetici e polisemici possibili, e dall’altro lato per lo slancio con cui sa esplorare la dimensione filosofica, concettuale e spirituale dell’essere, ricercando una via di interrogazione sempre sospesa tra la “Parola Sublime” e il “Silenzio Senza Fine”. Quasi intendendo che il Dio è Logos, ma anche soffio, pnèuma misterico, Villa sospinge nell’ultimo periodo la sua scrittura verso la “oscurità” programmatica di composizioni in latino, in greco antico o in un francese reinventato, come a voler celebrare il puro suono della parola letteraria, che si fa medianico strumento di interfaccia tra il senso e il nonsenso, vertiginoso mundiloquio tra la realtà e il nulla.

È in questo mercuriale profilo da Giano bifronte e da Proteo multiparlante e plurifonetico di Villa, che la sua poesia appare di singolare e straordinaria qualità perché, oltre le contrapposizioni di materialismo e idealismo, esprime la capacità di interrogare l’orizzonte cosmogonico, mitopoietico, enigmatico dell’uomo proprio attraverso la mistilingue, “ideologica” materialità della parola.

È, dunque, la volontà di inseguire e di lambire le complesse trame di una voce poetica ubiqua e totalizzante, ultramoderna e primordiale, gnostica e caustica, taumaturgica e nichilistica, che mi ha guidato nel progetto di una concertazione-lettura scenica della sua impervia macchina testuale, che parte innanzitutto dal desiderio di far conoscere l’opera mirabile di questo autore. L’idea è quella di una “messa in ascolto” del suo crogiolo letterario attraverso una partitura fonetico-espressiva organizzata in quattro movimenti più un prologo ed un epilogo. Partitura affidata ad una esecuzione in terzetto vocale con contrappunti sonori, il cui carattere di fondo è quello di una “litania” (lo stesso Villa scrisse nei primi anni ’70 una Letania per Carmelo Bene). Ovvero di una forma poetica nella quale le iterazioni, le invocazioni, i rimandi, le invenzioni, gli slittamenti assumono una dimensione vaticinante e musicale, e le voci recitanti e officianti veicolano, nella liturgia della scena, un possibile (o impossibile?) viaggio al termine della parola.
    
recital poetico ideato, diretto ed eseguito da Marco Palladini
con Tiziana Lucattini e Fabio Traversa
elementi scenici Luisa Taravella
biglietti: intero € 10,00 - ridotto € 8,00