venerdì 2 e sabato 3 marzo ore 21.00 - domenica 4 marzo ore 18.00
Scuola di Beslan, settembre 2004. Attacchi terroristici, morti molti bambini e adulti.
Era il primo giorno di scuola. A scuola non si dovrebbe morire.
Fra i tanti fatti di questa Terra che sfuggono ad una reale comprensione di senso, due, nel primo decennio del duemila, ci hanno toccato in un modo più intimo, perché facciamo teatro e lo facciamo con la poesia dell’infanzia. Teatro Dubrovka, Mosca, ottobre 2002 e scuola di Beslan, settembre 2004.
L’asilo è un’usanza antichissima di origine sacra.
Guarda caso anche una stanza piena di bambini, luogo di una normalità sicura. Lì non si dovrebbe morire.
Anche il teatro è un’usanza antichissima di origine sacra, luogo di un’eccezionalità sicura. Lì si dovrebbe morire solo per finta.
Violati due luoghi sacri per definizione, scuola e teatro.
Ma il nostro spettacolo, anche se nasce dallo stupore e dalla riflessione sull’oscenità di questi due momenti di orrore, si concentra sui fatti di Beslan. Attacco terroristico, morti molti bambini e adulti.
Cerchiamo nel dolore e nello stupore di chi vuole sapere perché si muore in un asylon.
Non troviamo ragioni, ma colpevoli, vendicatori di violenze subite, linee di sangue che le famiglie e i popoli decidono di perpetrare, silenzi killer come esplosivi; consolazione.
In videoproiezione un bambina. In scena un uomo e una donna. Immagini, parole, silenzi e azioni avvengono in luoghi diversi, ma sono accomunate da una perdita. Quella bambina diventa tutti i bambini, figlia di uno o dell’altra, a seconda delle rispettive storie. Della vittima, e della vittima carnefice. Difficile distinguere. Mentre meticolosamente la donna prepara la sua vestizione di cavi elettrici per una grande scena anche non a teatro, nel luogo dove si muore per finta, ma in una scuola, luogo che dovrebbe garantire una accoglienza franca, come una chiesa. Dare asilo.
E l’uomo si domanda “Perché sono qui, oggi? Perché qui ed oggi mia figlia viene uccisa...?”
Sarebbe bastato portarla al mare.
La domanda spinge ad un impossibile viaggio a ritroso nel tempo.
Cambiare il destino. Più indietro, velocemente. Prima dell’uomo, degli animali, della terra e del cielo, del firmamento, delle stelle e delle acque. Alla luce. Perché la creazione non si è fermata alla luce? L’uomo torna indietro, alla donna che ucciderà sua figlia, vuole vedere il suo volto e le sue mani. La trova, lei lo invita a casa, gli offre da mangiare. E’ normale. Le sue mani sono normali. Ma tremano. Se il padre rimpiange di non aver insegnato alla figlia a morire, la donna rimpiange, mentre si prepara all’attentato kamikaze, di non aver imparato ad uccidere.
Ma il big bang c’è stato, il tempo c’è, e la creazione, o quello che è, dura sempre sette giorni e l’uomo nasce.
Sette più uno. Un giorno per distruggere.
Lo spettacolo ha tratto in parte ispirazione e documentazione da “La guerra di un soldato in Cecenia”, di Arkadij Babcenko, Mondadori.
Grazie a Nona Buzaladze per le atmosfere che ci ha rimandato e i racconti che ci ha fatto.
ASILO
testo e regia Tiziana Lucattini
visual Momchil Alexiev
collaborazione alla drammaturgia Fabio Traversa
con Marcella Grande e Fabio Traversa
la bambina in video Fatima Cardilli
aiuto regia Marco Casu
disegno luci Martin Beeretz
scene Francesco Persico
costumi Paola Romoli Venturi
organizzazione e promozione Paola Meda
ufficio stampa e organizzazione Serena Amidani
Biglietto € 5,00 - posto unico
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