12/12/2012

Scappa scappa Le Caprette e il Lupo


Testo, ideazione scenica e regia Tiziana Lucattini

I luoghi Tana del Lupo - Casetta delle Caprette - Bosco – Strada
Personaggi:
Foto di Patrizia Lucattini
Mamma Capra Rossana Damiani
Figlia Capretta Simona Parravicini 
Lupo Fabio Traversa

Collaborazione alla drammaturgia e alla messa in scena Fabio Traversa
Collaborazione alla coreografia e ai movimenti di scena Rossana Damiani, Fanny Guinsbourg
Direzione musicale Antonella Talamonti
Realizzazione scene Francesco Persico
Costumi e oggetti di scena Paola Romoli Venturi
Disegno luci Luca Barbati e Martin  Beeretz

La nostra storia parte da una fiaba popolare slovena, dalle sue tappe fondamentali e universali come struttura e rappresentazione simbolica: il lupo, la casa, il bosco, l’abbandono, la prova, il pericolo, la furbizia, il superamento.
Ma prende poi  una sua strada originale e necessaria: non c’è qui un lupo buono, ma neanche un lupo cattivo.
C’è  un  grande Lupo-bambino che sente pulsioni aggressive e voraci, ma sente anche tenerezza, solitudine, rabbia, desiderio di compagnia e di calore. Un grande Lupo-bambino insieme buffo e maldestro, giocoso e pericoloso, ma soprattutto segnato da una forte differenza rispetto al suo corrispettivo fiabesco:  ha conosciuto un dolore, una perdita.
Questa differenza rende particolarmente toccante il rapporto con Mamma Capra e sua  Figlia Caprettina. Infatti quando la piccola cadrà nella trappola tesa al Lupo dai cacciatori, “due zampe e un  fucile”, per dirla con Pennac, il Lupo non ne approfitterà. Anzi, recherà salvezza.
La storia, così, (“una storia vera ...che fa paura...” come dirà ad un certo punto il Lupo) diventa  quella della musica dei fucili; diventa quella di Caprettina che si dibatte nella trappola e di Mamma Capra che accorre e, stupita, non sa più chi è il nemico; diventa quella del ricordo di un piccolo lupo, abbattuto troppo piccolo.
Una mamma, Mamma Capra, che non è infallibile, inventata o idealizzata, bensì reale, che forse sottovaluta la personalità della figlia, il suo desiderio di autonomia. Una mamma che sa crescere, però, insieme a lei.
C’è un cattivo, ma non si vede. E non ce la prendiamo certo con il sempre ben accetto cacciatore taglia-pance delle fiabe, quanto piuttosto, nella nostra trasposizione,  con una mano cieca e armata, forse stupida, che neanche conosce le sue vittime.
Le caprette, più ancora dei loro affini porcellini o cappuccette rosse, vibrano poeticamente, nel pericolo, di una particolare innocenza e diventano metafore di una condizione, quella dell’infanzia, sempre in bilico e a rischio, condizione quasi sacrificale. Ma  qui, il Lupo, è  a loro  quasi  affratellato.
Rompendo il dogma che il cattivo per definizione  sia il male e il buono per definizione sia il bene, la storia si concentra su un altro fuoco: non c’è uno che vince e uno che perde, piuttosto avviene un contatto. E questo contatto  si produce attraverso la perdita, il dolore, la condivisione, il rischio di un rapporto.
Il superamento finale delle prove di crescita, che nelle fiabe porta all’annientamento dell’altro, qui non c’è; e, più che furbizia, c’è intuizione, ascolto, rispetto, solidarietà.

Foto di Patrizia Lucattini
Lo spettacolo è dedicato ai bambini più piccoli, dai tre anni ai sei, ma include gli adulti, mamme e lupi cattivi che siano. La forma scelta è quella di un teatro che si accompagna alla danza. La scrittura del testo è concisa, veloce, fatta di filastrocche e parole musicali: drammaturgia che suggerisce ritmo, pulsazione vitale, suono, e che dialoga a sua volta con le musiche scelte e il movimento, musica esso stesso, delle danzatrici e dell’attore. La narrazione si accomoda e si disegna nell’ascolto e nel dialogo delle parti.
La scena, montata su una pedana rotonda e rotante, è composta da un tramezzo con  porta e finestra e, dalla parte opposta, da rami alti e lunghi. Sono i due luoghi principali della narrazione,  la Tana del  Lupo,  la Casa delle Caprette. La distanza fra Casa e Tana è una strada curva disegnata in terra.
I colori: legno e vari toni di grigio azzurro. Le rotazioni della pedana possono essere di vari gradi, da minimi a 360 ° e permettono così dei punti di vista diversi, come un obiettivo di cinepresa. L’impianto di sapore cinematografico è infatti presente nella regia e nel montaggio, appunto,  delle scene.

Per i bambini dai 3 ai 10 anni e per le famiglie
Biglietto € 5,00 - posto unico